COME GESTIRE UNO S - - - - - - SENZA DIVENTARLO A TUA VOLTA

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Adam Grant , psicologo delle organizzazioni presso la Wharton School, nel suo blog e nel suo podcast ci fa riflettere su alcune relazioni faticose che capitano al lavoro (e non solo), specialmente coi capi. A quasi tutti noi, credo, è capitato di avere a che fare con degli s-----: persone che ti disprezzano, che rubano il merito dei tuoi successi, ti incolpano dei loro errori, non mantengono le promesse, ti sminuiscono, ti urlano contro….per usare un’espressione dello psicologo organizzativo Bob Sutton, “ti trattano come spazzatura”, o perché non se ne accorgono, o perché non gli importa nulla.  La risposta naturale è di mettersi sulla difensiva, ma questo aumenta solo il ciclo dell'aggressione. In uno studio classico sulla negoziazione i ricercatori hanno registrato il comportamento di negoziatori con diversi livelli di abilità ed esperienza. Risultato: i negoziatori poco esperti si fanno travolgere in una spirale difesa-contrattacco tre volte di più di quelli esperti, che invece, sfuggono meglio al calore del momento e sanno come “raffreddare” l'altra persona. Commentano con tranquillità le reazioni della controparte, e sono interessati a capire ciò che l’altro sta cercando di trasmettere.Ad esempio, se mentre stiamo spiegando qualcosa, veniamo interrotti bruscamente da qualcuno che urla "Non è vero! Sei un ignorante — non sai di cosa stai parlando!” , invece che ribattere nel merito, possiamo spostare la nostra risposta sull'approccio, e rispondere così: "Puoi non essere d'accordo con le mie affermazioni, ma il tuo modo di esprimere il tuo dissenso mi offende. Credo che possiamo avere un dibattito acceso e anche rispettoso. Sei d'accordo?“ 
In sostanza, si fanno due cose fondamentali: 1. si resta calmi e centrati 2. si ribatte non sul contenuto della conversazione, ma sulle modalità e il tono della stessa, e sui valori importanti (idealmente per entrambi) che vogliamo ispirino le nostre discussioni.Funziona quasi sempre.L’interlocutore, di fronte alla serenità e fermezza, al tempo stesso, dell’obiezione, balbetta, e rientra in toni più consoni. Spesso si scusa, per essersi fatto prendere senza motivo. Questo è il caso frequente della persona che Sutton chiama “lo stronzo temporaneo”. Siamo tutti capaci di essere così, e dopo ci sentiamo in colpa, anche se non ce lo fanno notare. Uno studio ha dimostrato che nei giorni in cui i leader agiscono in modo aggressivo verso collaboratori o colleghi, poi si sentono meno bravi, meno competenti e meno rispettati, e hanno più difficoltà a rilassarsi anche a casa.  A volte però, si è costretti ad avere a che fare con “stronzi patentati”, persone che costantemente e regolarmente, offendono e disprezzano gli altri. Grant ci racconta di aver avuto in passato (a chi non è successo) un collega che urlava durante le riunioni. Dopo averlo visto in azione, aveva raccolto i suoi pensieri e gli aveva parlato per dargli un feedback che sperava lo aiutasse, dicendogli che aveva trovato il suo urlare poco professionale e umiliante per le persone intorno al tavolo. Il collega si era messo subito sulla difensiva, dicendo "Ho fatto così perché era necessario per far passare il mio punto!
Le ricerche sulla psicologia degli "stronzi patentati" rivela che hanno l'abitudine di razionalizzare la loro aggressività. Sono convinti di essere nel giusto, e di dover agire in quel modo per ottenere risultati importanti, non solo per loro ma per tutta l'organizzazione.
E’ molto difficile controbattere e “far ragionare” persone di questo tipo, e Sheila Heen, esperta di Harvard in mediazione in conflitto, ci dà la sua soluzione. Suggerisce di trovare un modo delicato per “sfidare” nell’altro la convinzione che quel comportamento sia necessario. La premessa è governare le nostre emozioni, condizione necessaria per avere accesso in modo sereno e sicuro a alcuni esempi di risposta:
Per una persona sempre negativa e denigratoria "Davvero? Penso che tu sia intelligente e creativo, e son certo che sapresti trovare molti altri modi per essere altrettanto chiaro senza  essere distruttivo.” 

Per una persona che cerca scuse per non fare o per far fare ad altri di cui prendere poi il merito "Il tuo contributo è importante e lo puoi dare solo tu e noi tutti ci contiamo. Dammi una timetable di quando farai le cose che me la annoto e torno da te" a verificare.
Per una persona che si fa bella delle idee altrui "interessante idea, anche la tua collega la pensa in modo simile, vi siete confrontati prima, bene!"
Per chi parla troppo e sovrasta gli altri: "grazie del tuo contributo,e della tua energia, anche tu sarai interessato anche al contributo dei colleghi, lascia intervenire altri prima di prendere la parola"
Per chi ti interrompe e aggredisce in riunione "Capisco che c'è qualcosa che ti sta molto a cuore,  dimmi di più, cosa non sto vedendo ?" 
Possiamo immaginare di avere una conversazione così con un nostro pari ?  Forse si. E con un capo?Certo è più difficile averla con il nostro capo o in generale con un superiore. Possibili strade in questi casi: 1. Diminuire la dipendenza dal capo: se riesci a minimizzare l'interazione, non potrà farti del male. Ma questo è spesso impossibile ed in qualche modo evita o rimanda il problema2. Aumentare la dipendenza del tuo capo da te. Se ha bisogno di te, è meno probabile che ti tratti come spazzatura.3. Se tutto il resto fallisce, il dottor Sutton ha un consiglio per cambiare il tuo atteggiamento verso la situazione: fingi di essere uno “specialista in stronzi”, e pensa a come sei “davvero fortunato a vedere questo esemplare spettacolare e sorprendente.” E gioca! Goditi il momento, sperimenta anche senza pudore strategie diverse per vedere cosa funziona, prova anche le cose che vuoi evitare. Tanto: cos'è la cosa peggiore che può succedere? e se non fai niente, cosa succede invece?

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