La "corazza" del rispetto delle regole e del controllo è molto diffusa, e normalmente collegata a paura e potere, oltre che alla fretta. Brene Brown se ne occupa da molti anni nei suoi studi sul coraggio e sulla vulnerabilità presso l'Università di Houston, e sa che questo approccio non crea condizioni adatte al correggersi ed aiutarsi a cambiare. (Puoi seguire Brene Brown su Netflix o su Brene Brown official site) Quando guidiamo gli altri su queste basi, spesso mettiamo in atto due tipi di comportamento "corazzato":1. riduciamo il lavoro a compiti, cose da assegnare a qualcuno2. dedichiamo il nostro tempo ad assicurarci che le persone stiano facendo esattamente quello che vogliamo noi, e siamo alla costante ricerca di errori. L'armatura del rispetto delle regole e del controllo ci fa ridurre il lavoro al completamento di task, spesso sganciati dal contesto e da un senso più grande. Questo tipo di approccio, anche se non ce ne rendiamo conto, ci induce ad usare la paura come elemento motivazionale: la paura di fare qualcosa di sbagliato. Ciò non solo è inefficace, ma è pure dannoso, perché limita la capacità creativa di risolvere i problemi, spegne la voglia di condividere idee, uccide la fiducia. Riduce le persone a dubitare continuamente delle proprie capacità, e in molti casi le spinge a fare di meno, o ad andarsene. Quando, come leader, perseguiamo il rispetto delle regole e il controllo, teniamo nelle nostre mani il potere e l'autorità, e togliamo responsabilità agli altri.E' un meccanismo che rinforza il circolo vizioso "Potere - Risentimento" , per cui le persone non sentono vera fiducia, non hanno spazio di manovra. I leader dicono cose tipo " Sapevo che avrei dovuto farlo io, alla fine dei conti sono io il responsabile, e a te posso affidare solo piccoli compiti che sai già gestire"Invece che " Vediamo insieme come possiamo garantire il tuo successo in questa attività. So di avere anche io una responsabilità nel fatto che tu riesca" I leader coraggiosi creano e condividono un impegno e uno scopo comune, anche in ambiti improntati a regole e controllo, come le banche, gli ospedali, l'alimentare.Prendono tempo per spiegare il senso dietro le strategie, il modo in cui i compiti individuali sono collegati alle priorità e alla mission dell'azienda o del team . Non "danno incarichi" ma aggiungono sostanza e significato al lavoro delle persone, collegando anche la più piccola attività ad uno scopo più grande. E correggono le persone facendo rimandi proprio a questi principi e scopi più grandi. I leader coraggiosi usano anche molta chiarezza, del definire le loro aspettative, e sulla base di quelle posso poi dare più serenamente e facilmente feedbackBrene Brown utilizza un approccio che nella sua azienda chiamano, ironicamente, TASC:Task: in cosa consiste l'attivita, come si collega ad altre e a un senso più generale , qual è lo scopo di quell'attività, a cosa serveAccountability: quali persone hanno l'autorità per essere considerati responsabili del portare a termine l'attività? come assicurare che ce l'abbiano?Success: quali sono tutti gli elementi chiave che garantiranno il successo? (tempo, risorse, comunicazione .....) Checklist: quali sono i kpi's di un' attività svolta bene? (timetable, attività chiave....) E' notevole, nel metodo di Brene Brown, l'ultimo punto, una cosa che troppo spesso diamo per scontata: quali sono i kpi's di un' attività svolta bene? Quando assegniamo compiti o responsabilità, dobbiamo definire con esattezza quando e a che condizioni considereremo quell' attività completata e ben fatta.Dobbiamo definire quali sono gli elementi chiave concreti del punto di arrivo desiderato, in modo che non ci siano fraintendimenti. Presi dalla fretta, questo non è sempre facile, ma è un elemento chiave: ogni volta che non ho avuto il risultato che mi aspettavo dalle persone, mi sono resa conto che era perchè io non avevo dedicato tempo ed energia a chiarire cosa mi aspettavo e perchè. Per esempio Brene ci racconta di una volta che chiese a due collaboratori di raccogliere input da una serie di colleghi su un certo progetto, e di lasciarli sulla sua scrivania la sera, cosi che il giorno dopo lei li potesse utilizzare in una presentazione con il CEO.La mattina dopo, entrando in ufficio, trovò una brutta sorpresa: una serie di informazioni scritte nelle forme più disparate, anche a mano. Dovette fare un enorme lavoro di rielaborazione per capirle e tradurle in una forma presentabile al CEO. Non era quello che si aspettava.I collaboratori capirono che era molto contrariata, ma non capirono il perché. Brene comprese che avrebbe dovuto fare lo sforzo di essere molto più chiara nella sua richiesta iniziale, precisando esattamente cosa significava "ben fatto" per lei, e ricordando lo scopo con cui arrivava quella richiesta. L'idea che abbiamo quando deleghiamo un lavoro ad altri potrebbe non essere completa o corretta nella nostra mente, a fronte dell'obiettivo che abbiamo. Potremmo pensare che quella certa cosa si fa in un certo modo, ma potremmo avere una visione parziale, distorta o sbagliata, potrebbero mancarci dei pezzi.Dunque prima di tutto occorre raccontare lo scopo, il senso del lavoro alle persone a cui lo si delega. Questo consentirà loro di darci un contributo più circostanziato sul come fare: potrebbero emergere aspetti che non avevamo visto, potrebbe servire aggiungere elementi che non abbiamo considerato o cambiare addirittura la struttura della richiesta stessa.
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