DIVENTARE "EMOTIVAMENTE AGILI"

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Susan David, celeberrima psicologa sudafricana, ci ricorda che il nostro mondo interiore, con tutte le sue sfaccettature (rabbia, tristezza, paura, calma, forza, gioia) guida tutto, ogni aspetto della nostra vita, ogni comportamento.  E sottolinea che rifiutare, nascondere o giudicare male le nostre emozioni, in particolare quelle meno piacevoli, come la tristezza,la paura o la rabbia,  è una strategia rigida e niente affatto utile . La rigidità di fronte alle situazioni diffiicili e  complesse è deleteria: abbiamo bisogno di maggiori livelli di agilità emotiva, per avere più scelte a disposizione. 
Il concetto che Susan propugna è quello della “agilità emozionale”: la sola certezza nella vita è l'incertezza, e l'agilità emotiva ci aiuta ad attraversarla.La bellezza della vita non è separabile dalla sua instabilità e fragilità.
Siamo giovani finché non lo siamo più.   Siamo belle e desiderabili finché un giorno capiamo che passiamo inosservate.  Siamo in salute finché una diagnosi cambia le cose. 
La sola certezza è l'incertezza, lo sappiamo razionalmente, eppure mediamente non affrontiamo questa fragilità con successo, o in modo sostenibile nel tempo.
L'OMS rileva che la depressione è la prima causa di disabilità a livello globale, più del cancro, più dei problemi cardiaci.
E in una fase storica di complessità crescente,  di pandemia, di cambiamenti tecnologici, politici, economici, sociali mai visti prima, purtroppo la tendenza delle persone è bloccarsi in risposte rigide.
Da un lato possiamo rimuginare ossessivamente, convinti di essere nel giusto, o vittime di noi stessi.
Dall'altro, a volte vorremmo rinchiudere alcune emozioni, rimuoverle, per vivere solo quelle ritenute legittime.

Un sondaggio condotto su circa 70.000 persone, rivela che un terzo di noi o giudica male se stesso per avere "emozioni negative," come tristezza, rabbia, dolore,  o prova con forza a rimuoverle.
E non lo facciamo solo a noi stessi! Lo facciamo anche alle persone che amiamo, agli amici, ai familiari, ai nostri figli.
Riusciamo a farli sentire "sbagliati" per aver espresso emozioni "negative".
Essere positivi è diventata una nuova forma di schiavitù. A chi sta male o soffre viene subito detto di restare positivi, di non indugiare nell'emozione negativa.
È una tirannia di positività. Ed è crudele. Scortese. Inefficace. Si tratta di risposte rigide, e la rigida negazione non funziona mai. È insostenibile, per gli individui, le famiglie, le società. 
La ricerca sulla soppressione emotiva mostra che quando le emozioni vengono accantonate o ignorate, si rafforzano. Gli psicologi la chiamano amplificazione.
Come quella deliziosa torta al cioccolato nel frigorifero: più provi a ignorarla, maggiore è la sua presa su di te. 
Potreste pensare di avere il controllo di emozioni indesiderate quando le ignorate, ma di fatto esse hanno il controllo.
Il dolore interiore esce sempre fuori. Sempre.
E chi ne paga il prezzo? Noi stessi, i nostri figli, i nostri colleghi, le nostre comunità. 

Non si tratta di essere “anti-felicità”, anzi!
Ma quando rifiutiamo emozioni naturali, per abbracciare una falsa positività, perdiamo la capacità di sviluppare l'abilità di gestire il mondo così com'è.
Moltissime persone parlano di cosa non vogliono: "Non voglio amare perché non voglio sentirmi deluso. " oppure: " Devo sopprimere questa tristezza perchè poi non mi vorranno benePurtroppo quando chiediamo di non provare emozioni spiacevoli ci stiamo dando obiettivi da “persone morte":
Solo le persone morte non sono mai tristi, abbandonate, confuse, arrabbiate...
Solo le persone morte non si stressano, non hanno il cuore spezzato, non provano la delusione che viene col fallimento.
Le emozioni "pesanti" fanno parte del nostro contratto con la vita.
Non si può avere una vita degna e ricca, una carriera di valore, una famiglia, delle relazioni umane senza vivere stress e disagio. 
Il disagio è il prezzo di ammissione a una vita che abbia senso.
 
Susan David ci offre 4 principi chiave per smantellare la rigidità e ad abbracciare l'agilità emotiva
1) Smettere di fare la lista delle sensazioni/emozioni che NON dovremmo provare.
Non esistono emozioni "positive" o "negative". Esistono emozioni piacevoli o spiacevoli, ma TUTTE le emozioni  sono preziose e utili

2) Aprire il cuore a ciò che proviamo,  accettarlo.Lutto. Perdita. Rimorso. Le ricerche mostrano che l'accettazione radicale di tutte le nostre emozioni, persino quelle confuse e difficili, è la base della capacità di recuperare, del prosperare, e della vera, autentica felicità. Ma l'agilità emotiva è di più della mera capacità di accettazione delle emozioni.
3) Dare un nome a ciò che proviamo, nel modo più granulare e appropriato possibile.Le parole sono essenziali. Spesso usiamo etichette veloci e facili per descrivere i nostri sentimenti. "Sono stressato" è il più comune. Ma c'è un mondo di differenza tra stress e delusione, o tra stress e terrore di sapere se ho scelto la carriera sbagliata, o tra stress e timore di non essere all'altezza.Quando etichettiamo le nostre emozioni accuratamente, siamo più abili nel distinguere cosa ci stanno dicendo, e i bisogni che stanno rivelando.
Ecco qui sotto una tabella, per niente esaustiva, dei molti modi in cui possiamo "etichettare" quello che proviamo: le 6 macro famiglie sono le emozioni primarie, al loro interno le mille sfaccettature delle emozioni secondarie.


4) Capire cosa l'emozioni ci sta dicendo, quale bisogno è soddisfatto o insoddisfatto in quel momento.
"Ho bisogno di ....".   e una volta che ho dato un nome al bisogno, posso magari accorgermi che ci sono diversi modi per soddisfarlo, se solo mi guardo intorno, se solo mi apro ad altre possibilità.


Se facciamo queste 4 cose, si attiva ciò che la scienza chiama "potenziale di prontezza nel cervello".
Le nostre emozioni sono dati. Le nostre emozioni segnalano le cose a cui teniamo. Tendiamo a non provare una forte emozione per cose che non significano nulla per noi.
Ad esempio, se proviamo rabbia leggendo una notizia, quella rabbia è un segnale del fatto che un certo valore viene disatteso, e la rabbia è un'opportunità per fare passi concreti per soddisfarlo.
Quando siamo aperti alle emozioni difficili, riusciamo a generare risposte allineate ai valori e ai bisogni che contano per noi, e farlo è la porta per una vita degna, ricca e più felice.


Un'ultima cosa, piccola ma importante: noi possediamo le nostre emozioni, non sono loro a possedere noi. 
Nel momento in cui provate  un'emozione, e cercate di darle un nome, provate a cambiare il vostro linguaggio.
Un conto è usare il verbo "Essere" e dire "Sono arrabbiato" o "Sono triste"
Un conto è dire "Provo rabbia", "Provo Tristezza"Quando diciamo "sono" è come se  fossimo al 100% identificati con quella emozione, come se ci assorbisse totalmente.
Se invece diciamo "provo", stiamo notando un sentimento che si è acceso in noi, c'è una piccola distanza tra il fenomeno che accade e noi che lo notiamo.
Quella piccola distanza ci permette di non farci travolgere, definirlo con accuratezza, capirlo meglio, e agire nel modo più utile.
Quella piccola distanza ci permette di RISPONDERE, invece che REAGIRE


Vedi il TED Talk di Susan David

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