Scopri ogni mese letture, riflessioni e strumenti utili.

Come perseverare quando siamo sul punto di rinunciare

immagine di un atleta paralimpico che si avvicina al traguardo sostenuto da un tifoso
www.unsplash.com

Ascolta una “versione podcast” di questo articolo, in forma di piacevole dialogoLa velocità 1.2 è ideale 👉

Quando si sceglie di adottare una nuova abitudine, c’è in genere un periodo iniziale positivo, e poi le cose diventano più faticose e si perde concentrazione, focus, motivazione: non ottieni più gli stessi miglioramenti altrettanto velocemente, e ti capita di sentirti bloccato e incapace di superare gli ostacoli, come fossi dentro un buco. Seth Godin ne parla nel suo libro “The dip: the extraordinary benefits of knowing when to quit and when to stick”
Spesso, più si resiste all’interno del “buco”, più ci si avvicina al successo.
Eppure, molte persone che entrano nel “buco” rinunciano ancora prima di sapere come fare ad uscirne.
In alcuni casi prendono una decisione corretta, e risparmiano tempo e fatica che potranno dedicare ad altro. In altri casi buttano tutto il progresso fatto e rimangono in una condizione sub-ottimale.

Come decidere se mollare o restare concentrati e insistere?
Ci sono diverse domande che ti puoi fare, e Martin Meadows nel suo libro Grit ci aiuta a metterle a fuoco.

La prima domanda è: il tuo desiderio di continuare, quanto è legato al fatto che hai già investito così tanto? Se avere già investito molto tempo e molta energia è la tua principale o unica ragione, allora è molto probabile che sia meglio smettere.

Ma c’è una domanda più significativa, e fondante: per quale ragione stai facendo questo?
Quanto è importante e significativo per te il risultato che produrrai? Quanto entusiasmo e gioia provi per il punto di arrivo?
C’è una differenza tra lo scoraggiamento di breve, che capita a tutti, e la mancanza di passione legata ad una perdita di visione o di senso. Se il fuoco è spento, la decisione di smettere è la migliore, ma è davvero spento?

Mettiamo che tu decida di continuare, cosa può aiutarti a restare concentrato e focalizzato, nonostante la fatica?

  1. La routine, o regolarità sostenibile, è la chiave della perseveranza
    La storia di Amundsen e Scott e del loro viaggio nel 1911 verso il Polo Sud è un grande esempio della forza della regolarità.
    Amundsen decise di seguire una routine: percorrere una media di 15-20 miglia nautiche giornaliere. Era realistico, non troppo stancante, ma nemmeno troppo facile. Indipendentemente dal meteo, ad eccezione di condizioni estreme, il gruppo faceva 15-20miglia. E dopo si riposava.
    Scott invece portò il suo team all’esaurimento: fino a quando il tempo fu buono percorse distanze molto grandi, ma quando il tempo divenne cattivo la resistenza del gruppo si affievolì. Amundsen e la sua squadra raggiunsero il Polo Sud per primi, e ritornarono un paio di mesi dopo per raccontarlo al mondo.
    Scott e la sua squadra morirono sulla via del ritorno, stremati da un viaggio troppo faticoso.

    Nello scrivere un libro, per esempio, molti scrittori si danno una routine: scrivere 3000 parole al giorno. Ogni giorno. Non passano ore a chiedersi se hanno voglia di scrivere o no. Si mettono alla scrivania e scrivono 3000 parole. Quell’attività diventa automatica, come lavarsi i denti.

    Non fanno mai eccezioni, non scrivono mai meno di 3000 parole, a meno che non siano arrivati alla fine del libro. Non scrivono mai più di 3000 parole, perché sanno che, se facessero così, cadrebbero velocemente in burn-out.
  2. La routine deve inserirsi naturalmente nelle tue abitudini attuali: più il comportamento è automatico, meno troverà resistenza.
    Anche le azioni più piccole, se ripetute tutti i giorni, producono enormi risultati nel lungo termine: non serve fare 3 ore di corsa una volta alla settimana, serve correre mezzora tutti i giorni.
    Lasciando da parte il tema dell’esercizio fisico, qual è la pratica quotidiana che ti può permettere di restare concentrato e focalizzato sull’obiettivo che vuoi raggiungere o il cambiamento che vuoi realizzare?
  3. La routine deve prevedere upgrade o variazioni periodiche
    Secondo uno studio condotto dalla fisiologa e maratoneta Emma Ross, la fatica è tutta nella nostra testa. I suoi studi su runner esperti rivelano che non sono i muscoli che ci impediscono di correre a lungo, ma il cervello che riduce la stimolazione elettrica ai muscoli, prima che gli stessi vadano effettivamente in fatica.

    Gli scienziati non hanno ancora definitivamente stabilito se questo meccanismo del cervello serva per prevenire danni o addirittura la morte, ma è probabile che sia un meccanismo di autoprotezione.

    Fuori dall’esempio dell’allenamento sportivo, vale anche per quando proviamo troppa fatica nel restare concentrati su un compito difficile, lungo e complesso mentalmente.

    Credo che sapere che il nostro potrebbe volerci fermare ben prima del punto di rottura sia interessante da tenere a mente: ci può permettere, nel momento in cui sentiamo la fatica, di spingerci solo un pochino oltre, allargando la nostra zona di comfort.

    Spostiamo il limite ogni volta un pochino più in là. Non i muscoli, ma il cervello ci permetterà di fare quei 5 minuti di attività fisica in più, o di dedicare altri 20 minuti ad esplorare quel punto spinoso di quel nostro progetto. Farlo ci darà gratificazione e forza, oltre a permettere alla routine di non diventare noiosa, altra possibile causa di abbandono.
  4. Dobbiamo riconoscere i nostri “meccanismi autosabotanti”, e gestirli, avendo pronti “meccanismi potenzianti

    Il sabotaggio dello “status quo bias” si attiva per invitarci a tornare alla situazione precedente.
    Possiamo contrastarlo chiedendoci se la situazione precedente è utile, se serve i nostri obiettivi, se è davvero preferibile.

    Un altro meccanismo autosabotante è l’eccesso di fiducia nella nostra capacità di autocontrollo: meglio dare per scontato che essa è debole, e non metterci nelle condizioni di cadere in tentazione (ad esempio, non comprare alimenti ingrassanti, spegnere le notifiche del telefono, disattivare il wi fi)

    E’ necessario essere sempre consapevoli dei propri pensieri, delle proprie trappole e delle proprie forze e risorse.
    E’ possibile mettere a fuoco le convinzioni limitanti e rimpicciolirle, depotenziarle, convertirle in convinzioni nuove, potenzianti.
    Le convinzioni limitanti strisciano nel nostro cervello, lavorano dietro le quinte e ci portano a fare spesso scelte sbagliate: bisogna vederle arrivare, e sostituirle velocemente con qualcosa di più utile.

#coaching #cambiamento #cambiareabitudini #consapevolezza #convinzionilimitanti #determinazione #intelligenzaemotiva #perseverare #routine #vision