
Work-Life Balance: da oltre 30 anni sono inseguita da questa parola. Anche voi?
Ricordo progetti multifunzionali in azienda volti a trovare una risposta, e partecipanti a cui la domanda suonava o ridicola o disonesta.
Io condivido con Nigel Marsch, autore statunitense di successo, che né i governi né le aziende risolveranno mai il problema per noi.
Sta a noi come individui assumere il controllo e la responsabilità del tipo di vita che vogliamo vivere. Se non lo facciamo, qualcun altro lo farà per noi.
E potrebbe non piacerci la loro idea di ‘equilibrio’.
Le società commerciali sono intrinsecamente concepite per trarre il massimo profitto da ognuna delle loro risorse, è normale che sia così, e non c’è niente di sbagliato in ciò. E’ nella loro natura, nel loro DNA, anche per quelle sane e con buone intenzioni.
Abbiamo ormai capito che non possiamo tirare la corda day in – day out, in attesa di quando avremo più tempo. Quel giorno non arriverà mai.
Del nostro equilibrio dobbiamo occuparci noi.
E dobbiamo farlo abbandonando del tutto l’idea di poter costruire il “giorno perfetto” e rispettarlo quotidianamente, perché non è possibile.
L’equilibrio non è sul quotidiano, ma su una lunghezza più ampia: ci saranno giorni in cui lavoreremo 14 ore e ce ne saranno altri, li dobbiamo trovare, in cui ci prendiamo il pomeriggio libero per andare al cinema o stare con i nostri figli, o fare sport, o leggere, o imparare a dipingere.
Il work-life balance a cui aspirare è un concetto flessibile, che però richiede consapevolezza, impegno, disciplina e flessibilità al tempo stesso.
Per dare il meglio di noi in tutte le situazioni, invece che sentirci costantemente in difetto. Per creare una vita degna di essere vissuta