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Gli elementi chiave del buon ascolto

puzzle con i 4 elementi del buon ascolto attenzione, curiosità, distacco e silenzio
Mille libri sono stati scritti sulla capacità di ascoltare e su quanto sia importante per avere una comunicazione efficace.

Dato che praticità e concretezza sono valori importanti per me, ho provato a fare un distillato di molti studi diversi, per arrivare alla sintesi di cosa fa un buon ascoltatore, quali sono i comportamenti osservabili che mette in atto.

La filosofia di fondo è riassunta in una frase di Stephen Covey “Ascoltare per capire, non per dire la tua”.
Se adottiamo questo approccio, diventa già ovvio non interrompere, annotare tutto non solo quello che ci fa comodo, avere voglia di approfondire il punto di vista altrui.
Diventa ovvio mettere in atto 4 macro comportamenti che descrivono per me cosa significa ascoltare.
Prezioso anche un Ted Talk di William Ury, celebre negoziatore, sul valore e la potenza dell’ascolto, come strumento per influenzare e risolvere conflitti.
Ma descriviamo con più dettaglio questi 4 macro comportamenti.

1. Ascoltare = Essere Attenti
Dentro la parola Attenzione rientrano diverse sfaccettature.

Attenzione significa Focus sull’altro a 360°: non solo le parole, ma anche la voce, i gesti, la postura, le espressioni del viso. Tutti questi elementi sono dati, informazioni che costruiscono la comprensione di cosa succede dall’altra parte. E non sto dicendo che dobbiamo diventare “sensitivi”, capaci di interpretare un sopracciglio alzato o un’esitazione nella voce: dobbiamo allenarci a notare tutto, a carpire segnali deboli o incoerenti, e a fare tante domande, per capire meglio.

Attenzione è Focus sull’altro, non su di te.
Ciò significa rimuovere le distrazioni esterne (notifiche, email, persone che interrompono…) ma soprattutto le più infingarde distrazioni interne: io le chiamo i “trenini”.
I “trenini” sono i pensieri che ci attraversano la mente mentre ascoltiamo, e sono inevitabili, perchè tutti noi ascoltiamo ad una velocità doppia rispetto a quella con cui parliamo. Dunque i “trenini” passano in continuazione, e noi dobbiamo essere bravi a notarli, “parcheggiarli a lato strada” e riprendere l’ascolto.
A volte i “trenini” sono banali distrazioni (mi metto a pensare ad altro).
A volte invece sono consigli utili, ricordi, esperienze simili, suggerimenti che vorremmo dare: ma se ci soffermiamo su questi pensieri, smettiamo di ascoltare.
Possiamo allora annotarli velocemente, in caso possano tornare utili, e poi riprendere l’ ascolto.
Se serviranno, li sapremo recuperare. Spesso capiterà che la conversazione vada oltre, e non servano più.
Ancora più infidi sono i “trenini giudicanti”: quei momenti in cui, ascoltando, formiamo un giudizio sul nostro interlocutore, e iniziamo a pensare cose non edificanti di lui/lei, attiviamo pregiudizi o generalizzazioni. Questi bias diventano allora un filtro attraverso cui riceviamo le informazioni, una lente che le distorce: accorgerci che si è manifestato un pregiudizio, e rimuoverlo, è un esercizio molto importante per mantenere un ascolto attento e pulito.

2.Ascoltare = Essere Curiosi
Non devo solo essere attento a ciò che viene detto, ma anche curioso per approfondire e capire di più.
Ascoltare non è solo stare zitti, lasciando tempo e agio all’altro di esprimersi.
Ascoltare è anche Domandare.

Fare Domande per approfondire e capire meglio:

Quest’ultimo aspetto mi appassiona in modo particolare.
Quando ascoltiamo parole importanti, pesanti, parole che descrivono Valori, quello è il momento per fare domande e approfondire cosa intende l’altro.
E’ raro che di fronte a parole “dense”, come Rispetto, Collaborazione, Crescita, Responsabilità etc intendiamo esattamente la stessa cosa. E se non chiariamo da quali comportamenti l’altro vorrà vedere il rispetto o la collaborazione o la crescita, rischiamo, anche nella massima buona fede, di prendere dei grossi abbagli.
Abituiamoci SEMPRE a chiedere “Cosa intendi concretamente tu per…?” “Da cosa vedrai che c’è …. tra noi?

3.Ascoltare = Avere un sano Distacco

Ovviamente distacco non significa indifferenza: non avrebbe senso, dato che abbiamo appena parlato di curiosità e interesse verso l’altro.

Il Distacco è la capacità di stare sul perimetro della conversazione, invece che dentro con tutti i piedi, per essere capaci di fare sintesi della quantità di parole dette, e restituirle, verificando se ho capito bene.

Il Distacco è anche la capacità di vedere, sentire le emozioni che l’altro sta provando, rispettarle e rispecchiarle, ma senza provarle insieme a lui/lei: empatia e non simpatia, per citare il greco antico.
Empatia significa accorgermi di cosa accade al mio interlocutore, far da specchio, chiedere conferma, chiedere cosa è importante per lui/lei, con rispettoso interesse.
Simpatia significa provare quel che prova l’altro mentre lo prova, e ciò non è necessariamente utile, se il mio scopo è aiutare, o costruire qualcosa insieme.
Se l’altro è triste e io piango con lui, è utile?
Se l’altro è entusiasta e io mi esalto con lui, è utile?
Rischio di perdere di vista altri aspetti della situazione, e di essere travolto da uno stato emotivo alterato, che toglie lucidità e visione .
Per conquistare il Distacco necessario serve allenare la nostra capacità di riconoscere e gestire le emozioni ogni giorno, serve allenare la nostra agilità emotiva

4.Ascoltare = Usare il Silenzio

Il silenzio è una cosa rara al giorno d’oggi: non lo conosciamo quasi più, ci fa anche paura.
Nelle conversazioni cerchiamo di evitarlo, di riempirlo, come per una sorta di horror vacui.
Se facciamo una domanda, e non riceviamo risposta, cerchiamo di sollecitare una possibile risposta.
Se ci fanno una domanda e non sappiamo cosa dire, ci sentiamo a disagio nel restare in silenzio, e preferiamo dire la prima cosa che ci viene in mente.
Stare in silenzio invece è necessario.
Una conversazione non è una partita di ping pong.

Fare silenzio permette all’altro di pensare.
In quel silenzio l’interlocutore pensa, processa, elabora soluzioni e riflessioni. Diamo tempo all’altro per pensare!
Se ci viene la tentazione di riempire il vuoto, o agevolare la risposta, tratteniamoci: restiamo in silenzio, anche se questo crea disagio.

Fare silenzio permette a noi di pensare.
In quel silenzio processiamo quanto ascoltato, avvertiamo le nostre emozioni e sensazioni fisiche, elaboriamo comprensione, riflessioni, domande, soluzioni.
DOBBIAMO prenderci il tempo per pensare!
Se l’altro ci pressa, sta a noi governare le nostre emozioni per prenderci quel tempo!

Bene, vi ho raccontato la mia sintesi sui 4 comportamenti chiave del buon ascoltatore.
Che ne pensate?
Avete voglia di fare una riflessione?

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